In diritto amministrativo, due particolari situazioni potrebbero comportare l’avvio di un procedimento cautelare. La prima è definita “nel periculum in mora”, il pericolo che possa originarsi un pregiudizio grave ed irrimediabile nei confronti del ricorrente nel tempo che dovrà trascorrere prima che la decisione sul ricorso venga emessa. La seconda è chiamata “nel fumus boni iuris”: fa riferimento ad un giudizio positivo, seppur provvisorio, in merito alla fondatezza del ricorso.
Questa seconda situazione, intanto, obbliga il giudice deputato ai procedimenti cautelari ad esplicitare i profili che, ad un esame superficiale e parziale, potrebbero far presupporre su quale possa essere l’esito del ricorso. Inoltre, la richiesta di procedimento cautelare può essere realizzata in via ordinaria o in via urgente. Si parla di procedimento cautelare, ci ricorda l’avvocato Francesco Mollica in un suo interessante approfondimento, in via ordinaria nel momento in cui una volta ricevuta la richiesta cautelare e trascorso il periodo previsto dalla legge e contenuto nella notifica della domanda, la richiesta stessa viene discussa in Camera di Consiglio.
Al dibattimento possono partecipare i difensori delle parti, mentre al termine della discussione, il collegio rilascerà un’ordinanza, corredata di adeguata motivazione. Il procedimento in via urgente presuppone una situazione di “estrema gravità ed urgenza”, che non permette la differita fino al momento della pronuncia da parte della camera di consiglio. In questo caso, allora, fare richiesta di procedimenti cautelari di natura provvisoria, che avrà efficacia fin quando non si concretizzerà la pronuncia del collegio. Qualora si realizzi una situazione di “estrema urgenza e gravità”, ricorda anche l’avv. Filippa Mollica, il Presidente emetterà un decreto senza attendere il contraddittorio. Sarà poi il collegio, nel corso della Camera di Consiglio, a decidere per una conferma o per una revoca del decreto stesso. Con il Decreto Legislativo numero 163 del 12 aprile 2006, oggi contenuto nell’articolo 161 del c.p.a. e sotto l’impulso della Corte di Giustizia Europea, invece, è stata introdotta una forma di procedimento cautelare, che dà vita ad una tutela di tipo “indipendente”. Si tratta di una tipologia di ordinanza cautelare a contenuto decisorio. Essa è impugnabile al Consiglio di Stato, entro 30 giorni dalla notifica della misura o entro 60 dalla comunicazione dell’avvenuto deposito della stessa presso la segreteria del Tribunale. C’è, poi, la possibilità, se le parti ne fanno richiesta, di revocare l’ordinanza o riformulare la domanda. Questo, però, può avvenire solo se si realizza il concretizzarsi di motivazioni nuove, che cambino la situazione oppure se si riportano fatti accaduti in precedenza, ma di cui si è venuti a conoscenza solo dopo l’inizio del procedimento cautelare.
Qualora, poi, l’amministrazione non mantenga fede ai contenuti previsti dall’ordinanza, la parte interessata può adire il giudice e richiedere l’adozione di misure attuative, seguendo le forme del giudizio di ottemperanza. Rimane chiaro come si possa ricorrere al procedimento cautelare d’urgenza, definito anche ante causam e/o monocratico, nel momento in cui il ricorrente impugna atti diversi dall’aggiudicazione, evitando il concretizzarsi dell’effetto sospensivo automatico. La tutela cautelare collegiale tradizionale, invece, decreta che l’effetto sospensivo non esiste più, se durante il procedimento cautelare, il giudice si dichiara incompetente, fissa con ordinanza la data di discussione del merito, ma senza concedere misure cautelari o rinviando al giudizio di merito l’esame della domanda cautelare. Il sistema processuale detto, invece, super accelerato in caso di impugnazione delle esclusioni e delle ammissioni, porta al realizzarsi di un giudizio espresso una camera di consiglio, obbligata però a riunirsi entro trenta giorni dalla scadenza del termine per la costituzione delle parti diverse dal ricorrente.
Credits: Avv. Francesco Mollica Roma